Guardare (e pensare): istruzioni per l’uso

Quando si studia greco o latino durante il liceo, uno dei verbi più affascinanti in entrambe le due lingue classiche è il verbo guardare, con le sue diverse sfumature. Guardare in greco si dice ὁράω e nella forma aorista diventa εἶδον, così simile alla parola idea. Evidente significato del fatto che per avere un’idea bisogna guardare.

Anche il latino con video e la sua forma passiva videor, usata per costruire frasi che indicano ciò che sembra o si ritiene, sottolinea una vicinanza tra l’atto del guardare con quello del pensare. Come diceva Plinio il giovane “Ego videor habere multos amicos”: mi sembra di avere molti amici. Vedo e quindi ritengo.

Tornando ai giorni nostri, saranno cambiate le parole ma il significato è rimasto lo stesso. Ecco come l’atto di guardare è fondamentale per riflettere e non può essere qualcosa di superficiale o svogliato. Come invece succede scrollando mille più immagini nel nostro feed Instagram, ad esempio.

Occorre saper guardare, o forse meglio osservare, che vuol propriamente dire guardare con attenzione, esaminare, scrutare. E sembra esserci una narrativa recente intorno a questo bisogno di attenzione da recuperare, con libri, film, corsi che ci invitano a prestare attenzione.

Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?
Joseph Conrad

Se per un fotografo, così come per qualunque lavoratore nelle arti e tecniche visive, l’atto di guardare è imprescindibile non si può non pensare che non sia altrettanto fondamentale per altre persone. Uno scrittore ad esempio, è fortemente attento ai dettagli, al soffermarsi nell’andare a fondo indagando il mondo intorno. Una visione sciatta porta ad una scrittura altrettanto superficiale e scialba.

Cosa sarebbero libri come “Notre dame de Paris” di Hugo o “Madame Bovary” di Gustave Flaubert senza le descrizioni attente e minuziose dei dettagli della città o dei personaggi. Quando si scrive c’è una domanda fondamentale da farsi: “Quel che scrivo si riesce a vedere?” (riferimento da Lezioni di Scrittura di Scuola HoldenCorriere della Sera). Ecco come i due piani della vista e del linguaggio si incrociano.

Ricominciare a guardare attraverso l’arte

Nel libro “Guardare un quadro” della storica dell’arte Mary Acton, i diversi elementi del quadro vengono scomposti in categorie come composizione, forma, spazio, tono, ecc in un elenco simile a quello che Massimo Vignelli nel suo Canone identifica come elementi fondamentali del design. Che sia costruire o guardare, l’arte di scomporre le parti per ricavarne il tutto è importante.

Non finisce qui. Esiste un modo di saper guardare che è attivo, e lo si trova nella prefazione di Riccardo Falcinelli al libro in cui racconta di tantissimi ragazzi e ragazze che nei musei (in particolare nella National Gallery di Londra) si siedono davanti alle opere ed iniziano a disegnare quello che hanno davanti. Perché si è persuasi che copiando si impari a osservare, in quanto l’atto creativo richiede attenzione. Non si può davvero capire un quadro, infatti, con un guardare superficiale.

Prestare attenzione richiede pratica, quindi. Lo sostiene anche Rob Walker, giornalista di business e tecnologia, che ci ha scritto un libro su questo: L’arte di vedere le cose intorno a noi. Una serie di esercizi che vogliono ricordarci di guardare il mondo intorno, non solo con la vista ma con tutti i cinque sensi. Perché solo così lo possiamo davvero capire e, come si sostiene nel libro, cogliere le opportunità che il mondo sembra rivolgerci.

Una citazione sostiene che “nel 1903 il filosofo George Simmel si lamentasse di come gli stimoli della modernità ottundessero i sensi, lasciandoci intontiti, indifferenti e incapaci ci concentrarci sulle cose realmente importanti“. 121 anni dopo dobbiamo ancora ricordarci di guardare, davvero.

Torna in alto