Lavorare con purpose, Patagonia insegna

Nell’epoca del big quitting sembrano esserci tanti buoni motivi per lasciare il proprio lavoro: lo stress che molto spesso dobbiamo fronteggiare, ambienti competitivi e veloci, mancanza di una vera leadership all’interno dell’azienda e poca soddisfazione di crescita, riconoscimento e soldi.

Tra i tanti, uno di quelli più interessanti che sta emergendo è il lavorare in un clima sterile, senza un purpose: uno scopo chiaro, ben definito, un impatto sociale. La richiesta arriva in primis dai dipendenti ma non sono secondari i consumatori.

Occorre quindi imparare a fare business dalle aziende più virtuose, quelle che il purpose ce l’hanno ben chiaro in mente sin dalla loro nascita. Tra tutte, Patagonia è un case study eccellente.

Let my people go surfing

Questo manuale è il manifesto della visione del founder di Patagonia, Yvonne Chouinard, per la costruzione di un brand etico, che nasce dalla vera passione per la vita all’aria aperta, le scalate, l’avventura e che vuole raccontare un modo di fare impresa che non bada solo al profitto ma anche al benessere del nostro Pianeta.

Yvon in tal senso era un visionario, in grado di capire come fare business senza alimentare il consumismo ma anzi, ispirando i suoi consumatori a mettere in pratica atteggiamenti etici, come ad esempio favorendo la riparazione di indumenti con un tour di sarti in un van per tutti gli Stati Uniti e altre strategie per far durare i capi Patagonia il più a lungo possibile. Tutto ovviamente partendo dai materiali di alta, altissima qualità.

Nella bellissima prefazione di Naomi Klein, al libro ci si pone un interrogativo fondamentale: ma se comprassimo per vivere invece di vivere per comprare?

Purpose & responsabilità sociale

Quello che Yvon ha tentato di fare con Patagonia è stato porre l’attenzione sulla responsabilità sociale ben prima che altri ci stessero pensando. Un’azienda che dice ai propri clienti di non ricomprare una giacca ma ripararla; o anche attenta ad evitare accordi commerciali con realtà poco scrupolose verso l’ambiente.

Yvon ha sempre voluto aiutare il Pianeta a riprendere fiato e come scrive Naomi Klein: “I nostri sistemi economico e planetario sono ormai in conflitto. O, più precisamente, la nostra economia è in conflitto con le diverse forme di vita sulla Terra, compresa quella umana. Per evitare il collasso, il nostro clima ha bisogno che l’umanità riduca il consumo delle risorse. Il nostro sistema economico, invece ha bisogno di un’espansione senza freni. Solo uno dei due sistemi può essere cambiato, e non si tratta della leggi della natura”.

Il libro vuole spiegare come utilizzare il business per ispirare e implementare soluzioni per la crisi ambientale grazie alla storia di un marchio che ha saputo come non svendersi, scegliendo di non vendere mai a grandi catene e grandi magazzini, che hanno criteri incompatibili con i principi di design che lo stesso Yvon si era posto: produrre la migliore attrezzatura sul mercato.

Ma l’amore per l’ambiente ha spinto Patagonia all’attivismo e all’impegno per ripristinare determinati habitat naturali. Nella carta dei valori di Patagonia si legge che il 10% dei profitti vengono distribuiti alla comunità locale o a iniziative ambientaliste.

La mission di Yvon è sempre stata molto chiara: volevo fare di Patagonia un modello di gestione e sostenibilità, proprio come i nostri chiodi da arrampicata erano diventati un modello per gli altri fabbricanti.(…) Siamo rimasti fedeli alla nostra mission: realizzare il prodotto migliore, non causare danni inutili, utilizzare il business per ispirare e implementare soluzioni per la crisi ambientale. 

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