Tanti font & una sola regola: essere semplici

I font sono il mattone grafico per eccellenza, rappresentando quell’insieme di caratteri tipografici caratterizzati e accomunati da un certo stile grafico. Lo stile è anche rappresentazione del carattere stesso e non si limita alle lettere dell’alfabeto o ai numeri ma comprende anche simboli, punteggiatura, segni matematici, icone, ideogrammi e altro.

La parola “Font” proviene dal francese medioevale fonte, indicando qualcosa che è stato fuso (dal latino fundere) e si riferiva ai caratteri mobili prodotti per la stampa tipografica di Gutenberg, quando le lettere erano ottenute versando il metallo fuso nella forma della singola lettera.

Al giorno d’oggi è tutto digitale e i font sono tantissimi e di diverso tipo. Ne vengono creati di inediti per rappresentare determinati brand o simboli. E dal punto di vista grafico un font che va bene per un libro ha una resa diversa se usato per una pubblicità o un post blog.

Qualche dettaglio in più: font è la famiglia mentre il carattere è il singolo glifo di simboli. I font si dividono tra quelli con grazie (serif) quando hanno i piedini alle estremità delle lettere. Sans serif sono quelli detti a bastone (senza piedini). Tantissime varietà (stile corsivo, sottolineato) ed intere librerie (compatibili con Google font, Adobe, Mac) sia gratuite che a pagamento.

Anche solo una parola con il font giusto può esprimere molto più di un intero paragrafo. Non serve conoscerli tutti ma ha senso impararne bene per saperli usare al meglio.

Una pagina impaginata bene, leggibile e pulita è molto più efficace di tante altre cose.  Non riuscire a leggere bene disincentiva la lettura. Ad esempio Helvetica grotesque è molto adatto ai monitor mentre un Comic Sans diventa fastidioso in testi troppo lunghi. Per i romanzi di oggi, Garamond è il carattere più utilizzato in Italia per libri e documenti quindi ha senso tenerlo sempre bene a mente.

Altri bei font sono Jenson e Bodoni (anche aggiornati). Menzione speciale merita l’Helvetica, da sempre uno dei più usati. Disegnato nel 1957 da Max Miedinger per la fodneria Haas; inizialmente chiamato Neue Haas Grotesk fu successivamente cambiato in Helvetica quando le società tedesche Stempel e Linotype lo diffusero sul mercato tedesco nel 1961. Diventato mainstream in pochissimo tempo, acquisì ancora più popolarità quando Massimo Vignelli lo usò ufficialmente per i caratteri della metropolitana di New York.

La regola della semplicità

Per un brand, il font è fondamentale perché trasmette l’immagine dell’azienda. Quelli con Serif hanno un’immagine molto regale, associati a monarchia ed eleganza mentre sans Serif sono più moderni. A livello di brand sia visual che font c’è un percorso di revisione e semplificazione.

Quindi mentre molti brand stanno togliendo il nome della società dal logo (ad es. Mastercard) altri stanno aggiornando i propri font in versioni non “graziate”: questo avviene soprattutto tra i marchi della moda, come ad esempio Burberry. 

Ogni font ha un suo ritmo, come la musica. – Simon Garfield

La regola della semplicità vince sempre così come per le basilari percezioni visive (ad esempio evidenziare maggiormente il titolo rispetto al corpo del testo). E sempre più tool permettono di avere delle soluzioni efficaci già suggerite come ad esempio nel caso di Canva che tende già ad abbinare i font tra loro. 

Lettura consigliata: “Sei proprio il mio typo” di Simon Garfield.

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