Brand. Quando la strategia è no marketing

La settimana scorsa ho avuto il piacere di incontrare, per un momento di networking, una persona super interessante: un artigiano di mestiere. 20 anni di esperienza e prodotti di alto design venduti in tutto il mondo. Costruire un brand di successo da solo per un fatturato superiore a quello di un manager milanese e più richieste di quelle effettivamente gestibili.

Ci sono aziende, startup che spingono tantissimo e investono, bruciano soldi per arrivare al breakeven e molto spesso purtroppo il mercato è spietato e non ce la fanno. Quanti capitali investiti nel marketing ogni giorno?

Sapete quanto ha speso questo bravissimo artista in 20 anni per farsi pubblicità? Praticamente nulla. Il passaparola e l’apparizione su testate importanti del settore senza pagare, ma per parlare del suo prodotto in quanto riconosciuto di alta qualità gli hanno dato la giusta visibilità. In maniera organica. Gratis per essere più espliciti.

Che bella storia. La dimostrazione di come la sostanza sia superiore alla forma. Ma è vero che anche la scelta di non fare marketing è posizionamento, una visione strategica non trascurabile. Un’azienda B2B con prodotti pregiati e dal costo elevato non è come il prodotto di massa che va mostrato e diffuso per poter vendere a quanti più clienti. Non sempre la nicchia ha bisogno di azioni massicce ma più di un approccio giusto. Ed ecco come apparire su riviste selezionate (in cui se ci sei nessuno pensa che hai pagato per farti vedere) o chiedere al cliente soddisfatto di diffondere la parola diventa un beneficio per il brand.

Love Brand secondo Accenture Interactive

Si tratta di far parlare di sé in maniera sana. Alla fine il brand è la quello che effettivamente i clienti pensano/sentono ed è quindi connesso alla storia che percepiscono. O decidiamo di raccontare. 

Essere o non essere sui social, sui cartelloni pubblicitari, in tv sono tutte azioni che raccontano chi è l’azienda. Ma il ragionamento è ovviamente valido anche per artisti e professionisti. Una Sally Rooney che non appare sui social media ha un sapore diverso rispetto a un altro scrittore che magari grazie ai contenuti ha fatto proprio la sua fortuna. Nessuno dei due sbaglia, semplicemente sanno a chi parlano e dove trovare i propri lettori.

Ancora una volta, è solo questione di strategia.

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