Now and then, AI e la versione degli artisti

Il 2 novembre ci siamo svegliati e magicamente Spotify ci ha regalato un nuovo brano dei Beatles dal titolo molto lennoniano Now and then, magicamente apparso dal cilindro. Per un attimo in molti abbiamo dubitato.

Dubbio legittimo in un periodo in cui l’AI sta sfornando brani a nome (e voce) di inconsapevoli autori contemporanei. Come nel caso di Called my heart on my Sleeve di Drake e The Weeknd: un successo tanto virale quanto la relativa denuncia delle case discografiche per un brano che i due artisti non hanno mai realizzato.

AI sì ma a metà

Nel caso di Now and then siamo davanti a qualcosa di diverso ma che ci dovevamo aspettare soprattutto nel caso di autori passati molto prolifici che hanno lasciato interi repertori nel cassetto (o meglio, su musicassette). John Lennon è sicuramente tra questi dato che, come ricordava la stessa Yoko Ono, “scriveva molto velocemente. Le parole scorrevano dalla sua penna come frizzante acqua di sorgente“.

Secondo recenti dichiarazioni, Now and then era una demo registrata da John Lennon negli anni Settanta su una cassetta con scritto sopra “For Paul”, destinata all’amico, e da cui McCartney insieme ad Harrison e Starr era riuscito a recuperare Free as a Bird (pubblicata nel 1995) e Real Love (nel 1996). Complice Yoko Ono che, superati i vecchi dissapori, aveva donato a Paul questa possibilità.

Ma nel caso di Now and then la storia era diversa. Alle orecchie degli altri Beatles sembrava impossibile recuperare la voce di John Lennon a causa dei bassi del pianoforte. E là dove loro avevano rinunciato, l’intelligenza artificiale ha reso possibile questo piccolo miracolo. Anche se la pubblicazione fa riflettere.

La libertà di espressione degli artisti

In primis ci fa chiedere se John Lennon avesse davvero voglia di pubblicarla questa canzone. La libertà di espressione ha tante caratteristiche e il diritto di decidere se pubblicare o meno un brano, condividerlo o no con il resto del mondo è sicuramente il punto di partenza.

Il secondo ha a che fare con le case discografiche, ovviamente. Perché quella che sentiamo oggi è una versione confezionata da produttori e altri musicisti che hanno deciso come fosse giusto caratterizzare il brano. Probabilmente con un puntiglioso Lennon come produttore, il brano avrebbe avuto tutto un altro sound.

Ma del resto quello del dover rimarcare la propria libertà di espressione è un tema molto attuale. Da Jennifer Lopez a Jovanotti, sono molti i musicisti che dopo anni decidono di riregistrare hit precedenti per dare loro il tocco personale che avrebbero avuto senza l’interferenza dei produttori.

L’esempio più celebre ne è Taylor Swift che sta registrando tutti i suoi album, dal primo all’ultimo, con vinili e formati audio chiamandoli “The Taylor’s Version”. Inutile dire il successo che stanno avendo: ogni fan sogna di sentire la sua canzone preferita così come il suo artista preferito l’aveva immaginata.

E tornando a Now and Then (senza aprire quel capitolo sui diritti d’autore delle canzoni di Taylor Swift, da cui potremmo non uscirne più) possiamo dire che l’AI ci regala un brano di John Lennon, è vero, ma ce lo regala comunque a metà. O forse anche un po’ meno.

Now and then

Per chi non l’avesse ascoltata, ne vale comunque la pena. Una canzone alla Beatles maniera e con la voce di John Lennon ma che manca di quel guizzo di vita e personalità (Twist and Shout ne è un esempio) che l’artista inglese ha sempre messo in tutte le sue performance. Il che ci mostra che la tecnologia può replicare involucri esterni, sintetizzare dati e file ma non può ancora regalare anima e magia, per fortuna.

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