Guido Harari racconta il suo viaggio nella musica

I più saggi dicono si sceglierti per lavoro la tua più grande passione in modo da non lavorare un solo giorno della tua vita. Viene da chiedersi quanto la carriera di Guido Harari incarni tutto questo. E la mostra presso la Fabbrica del Vapore (Milano) ne è la sua più evidente testimonianza.

50 anni di carriera del celebre fotografo – giornalista del rock che ha fotografato tutte le leggende della musica contemporanea a partire da Freddie Mercury fino a Bob Dylan, passando per David Bowie e Kate Bush. Sono suoi alcuni dei ritratti più iconici di molti dei musicisti più famosi al mondo.

La mostra racchiude più di 300 fotografie, ritratti, materiali e interviste e sarà visitabile fino al 1° aprile (giorno di chiusura) snodandosi attraverso le diverse fasi della sua fotografia.

Gli inizi

Essendo una retrospettiva molto personale, la mostra inizia proprio dalla passione per la musica, per i primi concerti e dischi collezionati. Un’incursione nella cameretta del giovane Guido che inizia a muovere i suoi primi passi e a riconoscere quella voglia di dilatare all’infinito i propri orizzonti.

Più che una professionalità andava coltivata una sensibilità” racconta lui stesso in una delle scritte che accompagnano il visitatore in questo viaggio artistico. E tutto è partito con il vento della Rivoluzione degli anni ’60, tra Doors, Beatles, Who, Jimi Hendrix e i tanti altri che hanno costellato quell’epoca dorata.

Come si poteva dare immortalità a tutta quella grandezza? La fotografia poteva essere la risposta giusta.

Gli scatti di Guido Harari

La carriera vera e propria è iniziata a 17 anni cercando non un lavoro ma un modo di vivere. Iniziando con qualche scatto si trova subito in giro nei backstage di alcuni dei migliori club italiani, fotografando Pino Daniele, Peter Gabriel, Santana, Joni Mitchell e De Andrè.

Con le prime foto scopro di saper creare una connessione quasi telepatica con i musicisti. Mi affascina soprattutto la dimensione del viaggio, delle lunghe attese in squallidi backstage e delle prove estenuanti: insomma quella sospensione prima che tutto diventi circo, in cui il personaggio è ancora una persona, con la guardia abbassata.
– Guido Harari

La collaborazione con Fabrizio De Andrè diventa un sodalizio longevo nel tempo, grazie alla capacità di Guido di porsi non come un fotografo ma come un amico in grado di raccontare lati dell’artista che la gente spesso non vede. Come lo stesso Lou Reed racconterà. Celebre infatti la sua foto di Lou Reed e Laurie Anderson vicini, in un momento di tenerezza.

I ritratti di Guido Harari hanno fato storia con copertine di album per artisti come Bob Dylan, Kate Bush, Paolo Conte, Lou Reed, Frank Zappa fino ad arrivare alla moda e ai ritratti degli italiani celebri. Come spesso succede nelle mostre di fotografia, si tratta di rispolverare il passato e farlo rivivere.

I Beatles, ovviamente

Eppure tra gli scatti di un’intera epoca, quella dei ribelli anni ’60 mancano proprio quelli della band più cara a Guido Harari, quella da cui tutto è partito. Come il fotografo ha spesso raccontato, la sua folgorazione è avvenuta al Vigorelli di Milano nel 1965.

In una delle due tappe milanesi del tour dei Beatles c’era anche un dodicenne Guido accompagnato dalla mamma. Il giorno dopo aspetterà la band «per ore davanti al loro hotel per vederli da vicino». Non è riuscito a fotografarli insieme ma nel 1989 una piccola soddisfazione se la toglierà, con il ritratto di Paul McCartney in concerto a Roma.

 Un’illuminazione da dodicenne che è durata per tutta una vita. Mostra da vedere.

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